Osteopatia – Una medicina manuale per la prevenzione e cura che rispetta la relazione tra corpo, mente e spirito sia in salute che nella malattia. L’integrità strutturale e funzionale del corpo come condizione necessaria affinché l’individuo possa autoregolarsi. Ne parliamo con il Dr. Mario Penzo, fisioterapista e osteopata, fondatore dello studio Osteolab.
1) Dr. Mario Penzo, fisioterapista e osteopata. Raccontaci il tuo percorso professionale.
Permettimi di affermare che è stata la professione ad aver scelto me, non il contrario. Ero un ragazzino quando un evento traumatico importante mi catapultò, da paziente e spettatore ammirato, nel mondo della fisioterapia e, successivamente, dell’osteopatia. Perciò devo ad un evento sfortunato la fortuna di aver approcciato una disciplina che oggi è la mia vita professionale e la mia passione. Esiste un prima ed un dopo rispetto a quel trauma e tutto quello che viene dopo è studio, ricerca, pratica, tirocinio e ancora passione. Tutto questo tra i banchi dell’ Università La Sapienza, le corsie dell’ospedale San Giovanni Addolorata e il polo didattico della scuola di osteopatia EOP del compianto Alain Bernard.
2) Attualmente ti dedichi prevalentemente all’osteopatia, ma devi tanto al corso di studi in fisioterapia e soprattutto alle numerosissime ore prima come tirocinante e poi come terapista in centri di riabilitazione.
A mio modo di vedere la formazione in fisioterapia è un terreno ideale dove piantare il il seme della disciplina osteopatica la cui pratica trae beneficio a mio avviso da una capacità precedentemente acquisita di interagire verbalmente, empaticamente e manualmente con il paziente. Ancor più importante è stato per me lavorare in diversi centri di riabilitazione, anche convenzionati con il sistema sanitario nazionale, vere e proprie palestre di interazione e manualità. Sensibilità manuale e caratteriale. I due ingredienti principali dell’osteopatia ben praticata.
3) Oggi la proposta di corsi professionalizzanti in osteopatia è sempre più diffusa. Si può, a tuo avviso, diventare un bravo osteopata provenendo magari da tutt’altro ambito lavorativo?
Nonostante io sia convinto di quanto detto sopra, a mio avviso con impegno e passione si può arrivare a qualsiasi traguardo. In quest’ottica non è l’ambito lavorativo o sociale da cui si proviene a far la differenza, quanto la motivazione che spinge la persona ad intraprendere un percorso di formazione in cui l’empatia e la predisposizione al contatto fisico sono ingredienti fondamentali della pratica della disciplina. Oltre ovviamente la scelta della giusta scuola e i giusti maestri.
4) Un sistema olistico che attraverso la manipolazione ripristina i processi di autoguarigione e autoregolazione presenti nel nostro organismo. Documentandomi ho trovato spesso questa definizione di osteopatia. Chiariamo qualche aspetto che può apparire controverso.
L’osteopatia è molto più semplice di come viene descritta o di come spesso si pratichi. Il ragionamento osteopatico parte dal presupposto che il corpo ha tutte le possibilità e le capacità di guarire in caso di malattia e di avere la meglio nei confronti di un processo infiammatorio o irritativo purchè non trovi ostacoli a questo fisiologico processo di autoguarigione e autoregolazione. Le disfunzioni osteopatiche, che siano esse viscerali, articolari, vascolari, neurologiche o linfatiche rappresentano quegli ostacoli che l’osteopata eliminerà per far si che il corpo faccia ciò che sa fare benissimo da solo: guarire.
5) In ambito sportivo sempre più professionisti o semplici amatori ricorrono a trattamenti osteopatici. Anche negli sport di squadra non manca mai un osteopata nello staff del settore sanitario. Le aree di intervento?
L’osteopatia si basa su principi semplici come abbiamo visto, uno di questi è senza dubbio il concetto di globalità, intesa come interrelazione globale tra tutte le componenti del corpo che comunicano e si relazionano attraverso legami fasciali, neurologici, meccanici mantenendo costantemente attivo il rapporto tra struttura (corpo) e funzione. Il corpo può influenzare la funzione e lo stesso modo di funzionare può modificare la struttura; questo tipo di ragionamento rende l’osteopatia una disciplina d’elezione per tutto ciò che prevede gesti ripetuti, posture mantenute, traumi e microtraumi e tutto ciò che può alterare la fisiologia e quindi il gesto atletico, e viceversa. In generale, e in ambito sportivo forse ancor di più, l’osteopatia è soprattutto preventiva, è il mezzo che si può utilizzare per tenere sempre fisiologici il gesto, il movimento e quindi la performance con conseguente riduzione dei rischi di infortunio e miglioramento delle prestazioni.
6) Molti pazienti si rivolgono a te lamentando dolori e fastidi dopo la pratica del padel, sport sempre più diffuso a tutte le età e sia tra gli uomini che tra le donne.
Come accade nell’ambito di altre pratiche sportive il padel prevede dei gesti specifici e ripetuti che mettono sotto stress maggiormente determinate strutture anatomiche rispetto ad altre, penso alle ginocchia, sollecitate dai continui e repentini cambi di direzione, alle vertebre lombari, spesso costrette a flessioni rapide dalla necessità di raccogliere colpi bassi dell’avversario, e a tutta quella catena muscolare e fasciale che il giocatore di padel attiva tante volte durante un match per colpire la pallina nel modo più preciso e forte possibile. Gesti ripetuti centinaia di volte anche nell’ambito dello stesso match, che modellano il corpo in modo squilibrato, agendo sul tessuto connettivo, il tessuto di cui sono composte ossa, muscoli, tendini e legamenti, che è un tessuto plastico, deformabile e soprattutto modificabile istologicamente, ovvero nella sua composizione cellulare, elastica e fibrosa. Questo comporta la necessità di una verifica costante dell’asimmetria corporea che questo modellamento squilibrato comporta, lavorando in modo preventivo laddove una struttura connettivale (la fascia in modo particolare) viene sovrautilizzata modificandosi in termini di perdita di elasticità e aumento della resistenza ai microtraumi con conseguente perdita di capacità di distendersi ed allungarsi. Inoltre, lavorare laddove un’articolazione o un complesso di articolazioni tendono a perdere la loro ampiezza di mobilità perché utilizzate sempre in un modo limitato, sufficiente all’esecuzione del gesto tecnico atletico. Si tratta, dunque, di un intervento terapeutico in presenza di un sintomo, ma soprattutto di un lavoro preventivo che mette l’atleta professionista o amatore che sia, al riparo da possibilità di infortuni e nelle possibilità meccaniche di effettuare un gesto tecnico più corretto, ampio e fisiologico.
7) Come prevenire il rischio di infortuni quando non si ha un’adeguata preparazione atletica?
La risposta è già nel trattamento di prevenzione. In assenza di preparazione atletica la formuletta tanto celebre “prevenire è meglio che curare” è ancora più un assioma; fermo restando l’importanza di una preparazione atletica anche basica e di una buona abitudine nell’effettuare esercizi di stretching atti a mantenere quel tessuto connettivo di cui parlavamo precedentemente sempre elastico e vascolarizzato. Va considerata anche l’importanza dell’alimentazione pre e post match di cui colleghi ben più preparati sull’argomento possono dettagliare con maggior chiarezza.
8) Cosa aspettarci per il futuro dell’osteopatia.
Con la legge Lorenzin 3/2018 abbiamo finalmente ottenuto un riconoscimento della professione dell’osteopata, pur essendo tuttora in attesa dell Accordo da inviare in Conferenza Stato-Regioni relativo alla didattica universitaria e al riconoscimento delle funzioni e dell’ambito di competenza. Sono queste tappe fondamentali raggiunte dopo anni di richieste in cui le associazioni si sono sempre sedute al tavolo delle discussioni facendo fronte comune a difesa della dignità della professione e della sua regolamentazione. Percorso che porterà ad una collaborazione con le figure mediche e con i “cugini” fisioterapisti con i quali si può lavorare in modo complementare e molto proficuo a tutto vantaggio del paziente. Nel futuro vedo l’osteopatia come una disciplina non solo riconosciuta, ma soprattutto riconoscibile perché non più praticata da professionisti improvvisati o praticanti senza formazione adeguata alle spalle.