Il compleanno stavolta sarà davvero speciale. Perché Jordan Bouah, ricevitore degli Ottawa Redblacks, primo italiano a giocare nella lega canadese, festeggerà i suoi 24 anni (è nato 17 maggio) nel Paese della foglia d’acero con indosso la casacca della franchigia della Canadian Football League che lo ha selezionato all’ottava scelta del draft 2019.
Un’emozione unica per il talento italiano che, dopo aver sfoggiato prestazioni da record nei combine, sarà il primo atleta tricolore a giocare nella prestigiosa lega nordamericana: “C’è grandissima soddisfazione e orgoglio per questa opportunità nata quasi per caso” esordisce Jordan. “Fabio Tortosa mi ha chiamato, una decina di giorni prima del draft dicendomi che volevano che io rappresentassi l’Italia al combine. Non ero in perfette condizioni fisiche essendomi infortunato alla fine dello scorso anno ma gli ho risposto immediatamente di sì. E il resto, come si suol dire, è storia”.
Nel combine hai impressionato tutti: “Sicuramente è andata molto bene. Sono stato contento perché nel Global sono stato secondo sulle 40 yard e terzo nel vertical tra gli altri. Devo ammettere che sono stati risultati che mi hanno dato grandissima soddisfazione”.
Performance che hanno spinto gli Ottawa Redblacks, una delle franchigie di punta della CFL, a selezionarti con la scelta numero 8: “Non ho ancora avuto modo di parlare con Coach Campbell e con il suo staff ma ho solo ricevuto la mail di convocazione e parlato con il General Manager che mi ha spiegato un po’ le date e altri aspetti di natura burocratica”.
Un camp che, per Jordan Bouah e per i suoi nuovi compagni, prenderà il via tra meno di un mese: “Sì, noi rookie inizieremo il 14 maggio mentre il 1 giugno ci sarà il primo incontro di Pre Season contro gli Hamilton Tiger-Cats. Il camp terminerà il 9, quando avverrà anche l’ultimo taglio del roster, e poi il 15 giugno, in trasferta, l’esordio stagionale contro i Calgary Stampeders”.
Le aspettative, e le novità da scoprire, sono tante anche se tu, di fatto, hai assaggiato già il football d’Oltreoceano al Saddleback College: “Vero che l’ho già assaporato ma a Saddleback, per motivi a me ancora ignoti, ho giocato davvero molto poco. E poi ho giocato a football americano. In Canada sarà tutto nuovo per me o quasi: regole diverse; si gioca in 12; campo più largo; tre soli down. Sarà un’esperienza nuova dove conto di giocare un football superdinamico e molto, molto divertente anche perché lì si gioca prevalentemente in aria e, da ricevitore, credo mi divertirò un sacco”.
Un football nuovo ma un’esperienza che sarà sicuramente molto formativa: “Assolutamente sì a partire dal training camp che sarà fondamentale perché mi rapporterò con dinamiche di gioco mai viste. Non vedo l’ora di iniziare: nella mail di presentazione mi hanno illustrato come saremo seguiti, la meticolosità con cui saranno curati tutti gli aspetti. Sono davvero molto emozionato ed entusiasta”.
L’approdo a Ottawa sembra la storia di chi gioca a football da sempre. E invece non è così: “Vero, ho giocato a basket per 14 anni come playmaker. Sono partito dalla Tiber per poi approdare alla Stella Azzurra e, infine, alla Virtus Roma. È andato tutto sempre bene, a livello giovanile, poi ho avuto un periodo di riflessione. Ho iniziato così a giocare in Serie C ma le cose non sono andate come avevo preventivato. Mi sono ritrovato ad avere così quattro mesi liberi e ho iniziato ad allenarmi da solo ma, ovviamente, mi mancava lo spirito della gara. Così, parlando sia con Danilo Del Prete, un mio amico passato al football, che con mio papà, ho deciso di provare. Andai al campo dei Gladiatori dove mi dissero che avrei giocato receiver dopo il test delle mani: è stato amore a prima vista”.
Immagino che l’ambiente in cui ti trovasti a giocare ebbe una grande importanza nella tua scelta: “Fu fondamentale. Sebbene oggi i Gladiatori esistano ancora come società ma si siano fusi con i Barbari Roma Nord per dare vita ai Pretoriani, la squadra con cui iniziai la mia carriera era fantastica. C’era Simone Mingoli come QB: lui e la sua famiglia mi hanno fatto appassionare ancora di più a questo sport. Il Coach invece era Valerio Bozzarini (oggi capo allenatore della Legio XIII)”.
Nasci wide receiver ma sarai impegnato anche negli special team: “Direi proprio di sì: ho sempre fatto il ritornatore sia di punt che di kick off. È una cosa che mi è sempre piaciuta anche perché ho sempre adorato correre in campo aperto. Inoltre con questo football canadese, grazie a tutto lo spazio a disposizione, credo ci si possa divertire davvero tanto”.
Dal football canadese a quello italiano. La Nazionale ha ripreso il suo cammino dopo un periodo di stop: “Ritengo che il Blue Team possa fare davvero passi da gigante nel breve periodo. Sia perché Coach Giuliano ha un sistema di gioco davvero molto interessante, sia perché, finalmente, il football sta prendendo piede in Italia soprattutto tra i giovani. Questo è fondamentale perché si nota proprio come si stia creando un movimento importante. Una convocazione dell’Italia? Neanche a dirlo: ovviamente sarò sempre a disposizione del Blue Team. Anche perché dopo la convocazione in Nazionale ho capito che volevo fare solo quello e provare a misurarmi sempre con i più forti. Ed è per questo che sono andato in California”.
Una scelta coraggiosa, di cuore e di testa. Già, la testa un elemento fondamentale per ogni atleta: “Nel football in particolare è davvero fondamentale. A partire dalla concentrazione per continuare con la fisicità a cui siamo sottoposti per finire con il controllo delle emozioni. Proprio la mancanza di quest’ultima ha troncato molteplici carriere. Credo che l’approccio al football, e alla partita in particolare, debba essere quasi a livello zen. Ognuno deve trovare la propria bolla di comfort e partire da lì”.
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