“Due anni fa perdemmo cinque partite durante il Sei Nazioni: quella esperienza ci ha fatto crescere e ci ha portato al successo di questi giorni. Un successo che ci ha dato una visibilità inaspettata e alla quale non siamo abituate ma che fa piacere tanto quanto la responsabilità e l’onore di indossare la maglia azzurra”.
Parole semplici ma che colpiscono forte come un placcaggio. A pronunciarle è Manuela Furlan, capitano della Nazionale Italiana di rugby seconda nel Sei Nazioni 2019 dietro solo alla corazzata Inghilterra. Un risultato tanto bello e meritato quanto inaspettato ottenuto da un gruppo solido, compatto, come il pack di una mischia.
La responsabilità e l’onore
La responsabilità e l’onore di indossare la maglia azzurra. Già, la maglia della Nazionale. Chiunque pratichi uno sport sogna, o ha sognato, di rappresentare un giorno l’Italia. Di cantare l’inno abbracciato al resto della squadra o mormorarlo da solo. Di sapere che. in quel momento, con quei colori addosso si lotta, si combatte, non solo per se stessi ma per un’intera nazione. E anche per un popolo di sportivi che praticano quella disciplina. Indistintamente da quale essa sia.
La maglia azzurra
Perché la maglia azzurra è una e chiunque la indossi deve essere supportato, coccolato; perché la spinta che si può ricevere da un incitamento, da un coro, da un tifo presente anche se silenzioso possono far sì che gli sforzi vengano raddoppiati e si raggiungano obiettivi magari ritenuti impossibili. E, anche se non si ottiene ciò a cui si aspirava, rimane la consapevolezza che l’impegno e i sacrifici profusi avranno avuto un senso.
Come accaduto per le ragazze del rugby, come dovrà accadere per le nostre Azzurre del calcio impegnate ai Mondiali francesi in estate; come deve essere sempre quando l’inno di Mameli risuona per i nostri atleti. Perché lacrime Azzurre di gioia, come quelle del CT Andrea Di Giandomenico dopo la vittoria sulla Francia, sono lo specchio più bello che lo sport possa regalare.