Dimostrare la possibilità di diagnosticare precocemente il Parkinson con un metodo non invasivo che, grazie a sensori indossabili e tecnologie di Intelligenza Artificiale, può individuare l’insorgere della malattia fino a 5-7 anni prima di quanto avvenga adesso.
Questi i risultati ottenuti da uno studio coordinato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, guidato dal ricercatore Filippo Cavallo, in collaborazione con la Neurologia dell’Ospedale delle Apuane di Massa e Carrara (AUSL Toscana Nord Ovest), di cui è responsabile il dr. Carlo Maremmani.
Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Parkinsonism & Related Disorders, spiega una nota della Scuola Superiore Sant’Anna, ha portato allo sviluppo di un dispositivo indossabile, chiamato SensHand, in grado di rilevare, di misurare e di analizzare i movimenti degli arti superiori di una persona.
I primi sintomi a livello motorio che portano alla diagnosi del Parkinson, si legge nella nota, sono il tremore, la rigidità muscolare, il rallentamento motorio. Sintomi che però compaiono in modo evidente solo dopo vari anni che il processo neurodegenerativo ha già avuto inizio nel sistema nervoso.
Il che, sottolinea, porta ad un notevole ritardo nella cura della malattia. Il dispositivo indossabile sviluppato dall’Istituto di BioRobotica mira a proprio ad abbattere la latenza di tempo tra l’inizio della malattia nel sistema nervoso e l’evidenza clinica dei primi sintomi motori.
Parkinson, i sintomi ”non motori”
“Sebbene la diagnosi sul Parkinson – spiega Filippo Cavallo – sia fortemente orientata alla valutazione dei sintomi motori, l’interesse verso i sintomi non motori sta sostanzialmente aumentando perché questi possono anticipare l’insorgere dei deficit motori di 5-7 anni, consentendo di contrastare la malattia nella fase cosiddetta prodromica.”
Tra i sintomi non motori, particolare rilevanza ha l’iposmia idiopatica, ovvero una ridotta capacità olfattiva, che rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo del Parkinson entro 5 anni. Attraverso il dispositivo indossabile SensHand, i ricercatori hanno acquisito dati motori da 90 soggetti (di cui 30 soggetti sani, 30 persone affette da iposmia idiopatica e 30 pazienti con Parkinson). I test hanno dimostrato che, combinando le informazioni acquisite tramite l’analisi del movimento con i sensori ed i risultati di uno screening olfattivo in grado di individuare persone con iposmia, è possibile identificare in questo gruppo lievi deflessioni motorie (non rilevabili in altro modo) che caratterizzano l’insorgere della malattia in fase prodromica, permettendone potenzialmente la diagnosi diversi anni prima a quanto avvenga tutt’oggi.
“Il nostro sistema – continua Filippo Cavallo – permette una valutazione quantitativa ed oggettiva delle performance motorie, tramite l’estrazione di ben 96 parametri derivanti dall’analisi spaziotemporale e frequenziale dei segnali inerziali acquisiti. Eccellenti risultati sono stati ottenuti nel classificare il gruppo di soggetti sani rispetto a quello dei malati (accuratezza del 95%), confermando che il sistema può rappresentare un ottimo supporto per il clinico nella diagnosi oggettiva della malattia di Parkinson. Promettenti risultati sono stati inoltre raggiunti includendo nella classificazione anche il gruppo di soggetti iposmici che, clinicamente, non presentano segni evidenti della malattia. Il sistema è risultato infatti in grado di discriminare i tre gruppi con un’accuratezza del 79%”.
I sensori
Il sistema è stato sviluppato presso il “Biorobotics for Parkinson Disease Lab” di cui Cavallo e Maremmani sono responsabili scientifici. Lo studio è stata finanziato nell’ambito del progetto DAPHNE, finanziato dalla Regione Toscana nel programma FAS Salute 2007-2013 e incentrato sullo sviluppo di servizi innovativi e sostenibili per la malattia di Parkinson attraverso tecnologie mHealt e ICT.
“Gli studi condotti in collaborazione con l’Istituto di BioRobotica – spiega il dott. Carlo Maremmani – hanno permesso di sviluppare sensori indossabili per l’analisi del movimento e, con questi, valutare soggetti con iposmia, svelando minime alterazioni motorie non visibili ad “occhio nudo”, arrivando così alla diagnosi di malattia di Parkinson preclinica. Questo risultato e questo tipo di approccio permetterà tra non molto di iniziare veramente in modo precoce terapie neuroprotettive ed anche nuovi farmaci attualmente in fase di studio”.
“Il nostro lavoro – spiega Erika Rovini, post-doc dell’Istituto di BioRobotica – pone le basi per approfondire e promuovere l’utilizzo di sensori indossabili non invasivi e a basso costo, congiuntamente a tecniche avanzate di intelligenza artificiale, per lo sviluppo di sistemi affidabili da poter essere utilizzati nella pratica clinica come strumenti di decision making di supporto al medico per la diagnosi della malattia di Parkinson in una fase molto precoce che non è possibile identificare con le tradizionali tecniche diagnostiche”.